PRO LOCO MOGGESE
Il territorio moggese risulta fra i più estesi non solo della montagna friulana ma dell’intera Regione. È interessato da tre zone geografiche: la parte meridionale, a sud del fiume Fella, appartiene alle Prealpi Giulie, la parte centrale fino alla testata della Val Aupa, rientra nelle Alpi Carniche e più specificamente nelle Alpi Tolmezzine o d’Incarojo, mentre la parte settentrionale, comprendente l’alto bacino del torrente Pontebbana, si inserisce nell’ambito della Catena Carnica Principale.
Le origini di Moggio sono remote. Alcune monete romane ritrovate in scavi all’interno del chiostro abbaziale e sul colle di Santo Spirito attestano l’esistenza di insediamenti romani.
Ulteriore conferma è la pietra sepolcrale inserita in un pilastro del chiostro con la scritta: L.ACC.I.LIBELL OSSA di indubbia origine romana.
Non si può escludere che precedentemente ci fossero insediamenti celto-carni.
Il primo documento che si riferisce a Moggio è del 1072: castrum quod Mosniz nuncupatur (castello che è chiamato Mosniz).
L’origine del nome è probabilmente slava, come è rilevabile in molti altri toponimi della vallata. Nel corso dei secoli le varianti del nome sono state numerosissime: friulana Mueç, resiana Mosiz, tedesca Mosburg o Mosac, latina Modium o Mosacium (da cui il nome dell’abbazia mosacense).
Il documento citato avalla l’esistenza, negli anni Mille, di un castello medievale e trova conferma nel documento più famoso datato 1084: la donazione del feudo di Moggio da parte del conte Cacellino, nobile carinziano, maestro supremo della corte imperiale, al patriarca di Aquileia Federico, suo parente, perché costruisca al posto del castello un monastero.
Da qui comincia la storia di Moggio che si identifica con quella della abbazia:
1119 – Il patriarca d’Aquileia Voldarico fa consacrare il monastero di San Gallo da Andrea, vescovo di Emona. Il primo abate è Bebolfo e i frati sono benedettini dalla veste nera.
1329-1349 – È abate Ghiberto da Marano. L’abbazia raggiunge il massimo della prosperità: centoquarantasei proprietà fondiarie, di cui centouno in Friuli e quarantacinque in Carinzia; la piena giurisdizione spirituale, alla dipendenza diretta della Santa Sede, sulle chiese del Canal del Ferro, della Val di Gorto, di Osoppo, di Dignano, di Flaibano e di San Martino in Feistritz, e la giurisdizione temporale, quale feudataria del Patriarca di Aquileia.
1401 – Agli abati feudatari succedono gli abati commendatari, prelati residenti in altre sedi e usufruttuari dei beni abbaziali. Fra questi il cardinal Carlo Borromeo, vescovo di Milano.
1761 – Daniele Dolfin, penultimo abate commendatario, fa costruire la nuova chiesa abbaziale barocca sul sito della precedente chiesa gotica, di cui è conservato il battistero e il campanile.
1773 – Il Senato Veneto sanziona la fine dell’abbazia di Moggio. I beni abbaziali sono acquistati per quarantaquattromila ducati dai signori Mangilli e Leoni, che assumono il titolo di Marchesi di San Gallo. La giurisdizione ecclesiastica passa all’Arcivescovo di Udine.
1976 – Un violento terremoto causa ingenti danni al paese e provoca quattro morti.
I principali monumenti che Moggio conserva sono i seguenti:
Chiesa abbaziale di San Gallo: costruita nel 1761 dall’abate Daniele Dolfin e consacrata nel 1768 dall’arcivescovo di Udine Gradenigo. Presenta un’aula rettangolare a navata singola. Nel presbiterio: organo del Nacchini del XVIII secolo, il più grande del Friuli. Prezioso l’ornamento ligneo del Deganutti, restaurato recentemente.
Ai lati due grandi dipinti del Rigo del 1893: a sinistra il conte Cacellino dona il feudo di Moggio al patriarca Federico, a destra San Carlo Borromeo visita l’abbazia di Moggio.
In basso, stalli in noce massiccio intagliato. Ai fianchi dell’altare barocco le statue di San Gallo e di San Carlo Borromeo.
Nell’aula: quattro altari laterali del 1700; a sinistra due altari dedicati alla Madonna: uno con statua del 1645 di autore ignoto, l’altro con grande pala della Madonna con Bambino, S. Antonio e S. Nicolò del Buttafuoco; al centro un ricco lampadario in ferro battuto e in legno intagliato e rivestito in lamina d’oro, composto da millecinquecento pezzi smontabili, comunemente chiamato glogje (chioccia); ai lati due confessionali del 1700 e due di epoca precedente; sulle pareti dipinti murali del Rigo; sul soffitto un dipinto, opera di Tiozzo, sostituisce il precedente danneggiato dal terremoto.
Nel corridoio, verso la cappella del Santissimo, grande Cristo crocefisso, in noce dipinto del 1466, un tempo collocato nell’arco trionfale della precedente chiesa gotica; a destra il battistero risalente alla precedente chiesa con affresco raffigurante la parabola delle Vergini.
Chiostro benedettino: dal 1987 è convento di clausura delle Suore clarisse sacramentine. È a pianta rettangolare, ad archi leggermente abbassati, cinque sul lato maggiore e tre sul lato minore. Un’elegante linda con pilastrini a sezione quadrata corre al primo piano a sostenere la copertura in travi e coppi.
Torre medievale: comunemente chiamata palazzo delle prigioni è probabilmente una delle torri del castello medievale in seguito adibita a palazzo di giustizia e, ai tempi napoleonici, a carcere mandamentale.
Anticamente a quattro piani, all’inizio del 1800 venne abbassata a tre piani. Attualmente viene utilizzata quale sede per mostre d’arte.
Berlina: colonna in pietra del 1653 con la scritta suplicio di malfattori. È la testimonianza del potere giudiziario esercitato dall’abbazia sul feudo di Moggio. Posta all’inizio del viale che porta al convento, serviva per le fustigazioni dei condannati.
Chiesa di Santo Spirito: eretta nel 1516, in stile gotico, ampliata a tre navate nel XVII secolo e crollata in seguito al terremoto del 1976. Il campanile, gravemente lesionato è stato restaurato.
In via Abbazia interessanti le case Rodolfi e Deganutti, restaurate dopo il terremoto grazie al piano di recupero dei beni ambientali elaborato dell’Amministrazione regionale.
Scendendo a Moggio Basso, in Piazza Uffici troviamo la facciata del Municipio, del XVIII secolo; con il suo aspetto classicheggiante costituisce un buon esempio di edificio pubblico.
All’inizio di via Traversigne si nota, sulla destra, la villa stile Liberty dell’inizio del ’900, apprezzabile nella sua contenuta eleganza di linee e decorazioni. A sinistra, un esempio di casa tradizionale di famiglia moggese benestante del 1800, ora adibita a locanda; si notano: l’ampio portone con lunetta; gli stipiti in pietra; un comodo corridoio da cui si accede alle quattro stanze con soffitto dalle travi a vista; annesso alla cucina, il focolare. Proseguendo, al primo incrocio a destra, la casa Tolazzi, con ballatoio ad archi a tutto sesto in tufo e al piano terra i soffitti a volta. Poco oltre, a sinistra, una tipica casa del 1700 con scale e linde esterne.
Dalla piazza, scendendo lungo la stretta via Fontana si può osservare la casa Tessitori, con ampio porticato. In piazzale G. Nais oltrepassato il cippo a Jacopo Linussio e il Monumento ai Caduti, si accede al Borgo Linussio, un complesso di edifici facenti parte dell’antica fabbrica tessile Linussio. Su una chiave di volta si scorge lo stemma della famiglia e la data di costruzione: 1722.
Rivestono particolare valore architettonico le chiese delle frazioni: S. Antonio Abate a Ovedasso risalente al 1434; S. Floriano a Dordolla, elegante e candida costruzione sul poggio verde proteso sulla Val Aupa.
Le chiesette dei borghi più disagiati: Stavoli, Moggessa, Monticello e Riolada sono state costruite negli Anni Trenta secondo un comune progetto: pianta rettangolare con abside poligonale. Il terremoto ha distrutto la chiesetta di Monticello, che è stata ricostruita, mentre le altre tre sono state restaurate grazie al generoso intervento di volontari.
Interessanti le cappellette, le edicole, le icone, i crocefissi realizzati dai valligiani lungo le strade e i sentieri di montagna: sulle selle, ai crocicchi, nei pressi dei ponti.
Natura e ambiente
Numerose le opportunità escursionistiche, con diversi gradi di difficoltà, grazie ai sentieri che permettono di raggiungere i luoghi più caratteristici dell’ambiente montano. Questi in sintesi i principali percorsi:
Rifugio Grauzaria (1250 m). Sent. 437, dal ponte Ors-Bevorchians, ore 1.45.
Rifugio Vualt (1168 mt). Sent. 425, da Dordolla-forcella Vualt, ore 2.
Moggessa (530 m). Sent. 418, da Moggio Alto per forca Moggessa, ore 2.
Stavoli (567 m). Sent. 417, da Campiolo - Glagnò, ore 1.30.
Riolada (861 m). Da Pradis ore 1.30.
Monticello (832 m). Sent. 420, da Travasans- forca Monticello, ore 2.
Malga Aips (1700 m). Sent. 439, da Cason di Lanza strada forestale Val Dolce, ore 1.30.
Malga Lius (1277 m). Sent. 435, da Bevorchians 250 m oltre rio Fous, Gran Cuel, ore 2.
Malga Glaciat (1348 m). Da Cereschiatis (in auto solo per agriturismo km. 5.00), ore 1.30.
Bivacco Bianchi (1725 m). Sent. 428, da Pradis, Riolada-Vualt, ore 3.30.
Monte di Monticello (1362 m). Sent. 420/421, daTravasans, Forca Monticello, ore 2.30.
Crete dal Crons (1664 m). Sent. 453 da sella Cereschiattis 1066 m., Cuel da li Erbis, ore 2.00.
Elenchiamo inoltre i rifugi e bivacchi presenti sul territorio.
Rifugio Grauzaria (1250 m). Non gestito, 22 posti letto, ore 1.45 da Bevorchians.
Rifugio Vualt (1168 m). Non gestito, 20 posti letto, ore 2 da Dordolla.
Bivacco Feruglio (1700 m). 9 posti letto, ore 2 dal rifugio Grauzaria.
Bivacco Bianchi (1725 m). 9 posti letto, ore 1.30 dal rifugio Vualt.
Bivacco Lomasti (1900 m) 9 posti letto, ore 2.30 da passo Lanza.
Casera-rifugio Jouf di Fau (1331 m). Sent. 436 ore 2 da Bevorchians.
Casera-rifugio Peceit (1464 m). Sent. 435 ore 0.30 da strada di Lanza.
Casera-rifugio Palis di Lius (1482 m). Sent. 435 ore 2 dalla Val Aupa
RECAPITI
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